Nelle lezioni di ermeneutica giuridica ci insegnavano a distinguere in una disposizione di legge ciò ch'è vago, cioè aperto a diversi significati destinati a chiarirsi in riferimento ad una situazione concreta ad un dato contesto di fatto; da ciò ch'è ambiguo perché si presenta come contrasto di possibili significati tra loro incompatibili e compresenti, a volte voluto a volte no, forse sanabile connettendo il singolo termine ambiguo al contesto comunicativo, comprensivo anche del destinatario del discorso o di ciascuno dei diversi significati di esso: come quando si parli a nuora perché suocera intenda. Non sempre.
Quello che in me vedi è il tempo dell'anno In cui ingiallite foglie pendono dai rami e cadono rabbrividendo incontro al gelo nude rovine ove già cantavano gli uccelli. Quello che in me vedi è il crepuscolo del giorno Che ad occidente svanisce nella sera e piano piano la notte nera inghiotte ombra di morte in cui tutto si placa. Quello che in me vedi è il brillar del fuoco che tra le ceneri di gioventù giace come sul letto di morte in cui ha fine oggi consunta da ciò che la nutriva un dì. Questo di me tu vedi che l'amore tuo accresce Perché meglio tu possa amare chi lascerai tra poco. That time of year thou mayst in me behold, When yellow leaves, or none, or few do hang Upon those boughs which shake against the cold, Bare ruined choirs, where late the sweet birds sang. In me thou seest the twilight of such day, As after sunset fadeth in the west, Which by and by black night doth take away, Death’s second self that seals up all in rest....