Laboratorio
scrittura creativa “I luoghi della vita”
17/12/2014
– Pellegrinaggi sentimentali – Bruna Graziani
Esercizio.
Un pellegrinaggio sentimentale nella mia casa d'infanzia.
Sottotitolo
(aggiunto alla fine): I primi ricordi sono davvero nostri?
La
prima casa dove ho abitato esiste ancora e si trova a pochi passi da
qui, proprio nel vicolo Pescatori, sul retro di questo edificio dove
si svolge questo Laboratorio di scrittura creativa. Adesso c'è un
ufficio delle assicurazioni vattelapesca e un sacco di volte sono
passato davanti al portone ma non ci posso entrare. Non è così
importante. Quella casa è vicinissima eppure troppo lontana nella
memoria per avere ricordi precisi, per essere la mia “casa
dell'infanzia”. Infatti non ricordo le stanze, i locali, ma solo
vagamente dei rumori indistinti di quella casa. Forse la radio che
suonava ritapavone in alto (ovviamente: io ero bassissimo, molto più
che adesso). Forse il ronzio nel buio del proiettore nel cinema Corso
sopra il quale si trovava probabilmente anzi ne sono sicuro la mia
camera da letto, qualche tonfo boati e delle voci di cui non capivo
la provenienza e che forse erano l'eco dei films che si davano nella
sala sottostante.
Questo
è il primissimo ricordo di me bambino, in realtà molto confuso ed
assolutamente inconsapevole, anche se più autentico del cosiddetto
“primo ricordo” ufficiale, legato ad un fatto che si è
verificato proprio in quella casa. Un fatto che è stato tante volte
narrato in famiglia e per questo forse si potrebbe classificare tra i
“ricordi volontari” o “consapevoli”, cioè indotti dalla
volontà di ricordare, magari aiutata da qualche stimolo esterno.
Forse della primissima infanzia è praticamente impossibile avere
ricordi “propri”, come anche pensieri e volontà assolutamente
indipendenti. Si dipende troppo dagli adulti. Difficile distinguere
la propria memoria il proprio pensiero da quello degli adulti più
vicini, talmente vicini da non essere “altro”, ma il tramite
necessario con il mondo.
Così
è il mio primo ricordo ufficiale. Ricordo di qualcosa che ho vissuto
in parte, in parte mi è stato comunicato, nella fattispecie dalla
mia prima “ragazza”, che era (è ancora viva!) l'Andreina.
Allora... Mia madre lavorava e con un bambino piccolo (un altro in
arrivo) e così l'Andreina, una ragazza di famiglia contadina,
l'aiutava in casa e viveva con noi. Andreina faceva le pulizie e
c'era questa...un'enorme lucidatrice troppo pesante per un bambino di
due anni. L'Andreina si era distratta un attimo. Aveva spento la
lucidatrice. Chissà forse era affacciata al balcone forse era nel
cortiletto sotto casa ad fare l'amor con Renato, il garzone di
Danesin (che poi l'ha sposata e adesso lei è nonna, ma questa è
un'altra storia). Lo so, perché me l'hanno raccontato, che
all'improvviso lei si è accorta che la lucidatrice era accesa e le
spazzole rotanti avevano preso a girare girare e con loro
quell'enorme mostro di ferro pesantissimo che girava girava intorno
ad un minuscolo bambino e il cavo elettrico mi girava girava intorno
stringendomi il collo. La mia memoria è confusa, tranne su un punto:
il grido dell'Andreina. Fino a quel punto e forse ancora adesso
nessuna consapevolezza del pericolo così strettamente collegato al
gioco. Le spazzole rotanti della lucidatrice attiravano la mia
curiosità. Da quella volta momento più che paura, senso di colpa
verso chi? Per che cosa? Gioco proibito? Forse. Il grido me lo
ricordo bene.
La
mia vera “casa dell'infanzia” non quella di vicolo Pescatori, ma
quell'altra appena fuori le mura di via Gaspara Stampa, al numero
sette, con giardino, berçot di glicine odoroso e le gasìe
dolciastre, la ghiaia sotto i piedi e le aiuole coi fiori di
portulache e la tartaruga (sarà ancora viva?), ed al centro la palma
altissima (o forse ero sempre io che ero piccolino) che faceva tanto
“città giardino”. La città era tutta un giardino. Treviso lo è
sempre stata.
Di
quella casa ricordo tutto benissimo. Memoria dei luoghi, luoghi della
memoria. Ho tanti ricordi (un'altra volta li racconterò) e sono
ricordi “miei”. Magari legati ai rapporti coi miei genitori e con
mio fratello, certo, ma rapporti nei quali ho cominciato a capire la
differenza tra le mie sensazioni i miei sentimenti e quelli degli
“altri”. Mio fratello soprattutto. E' stato lui l'altro da me
simile a me che mi ha fatto capire chi sono io? Vicinissimi. Lui era
più piccolo di me di due anni e la sua comparsa deve aver coinciso
probabilmente col trasloco nella nuova casa. Probabilmente mamma e
papà volevano una casa più grande col giardino soprattutto. Per i
giochi dei bambini, le biciclettine, le corsettine...
Vicinissimi,
eravamo vicinissimi. Ma non come quando prima ero vicino a mamma, a
papà o all'Andreina. Con Ugo ero vicino ad un altro me un po' più
piccolino, vicino a me stesso, mi toccavo toccando lui. Ricordo che
lui non voleva mai dormire nel suo lettino e così, dopo un po' che
sembrava essersi calmato veniva nel mio, s'infilava sotto la
copertina, di solito lo convincevo a portarsi anche il cuscino, lo
sistemavo in modo che la sua testolina fosse dalla parte dei miei
piedi e viceversa, così si stava più comodi. Mamma e papà non
erano d'accordo, perché Ugo così si eccitava e loro pensavano che
non dormiva, ma poi alla fine lui dormiva stanco. Ero io che non
dormivo ascoltavo il suo respiro, annusavo i suoi piedini attento a
non svegliarlo.
Ugo
ed io siamo lontanissimi adesso. Cioè non fisicamente, saranno pochi
chilometri, ma non ci vediamo non ci parliamo da un sacco. Chissà se
ha anche lui ricordi come i miei? Ma sì. Lui era piccolissimo
all'epoca e forse ero io, per lui il tramite col mondo. Chissà
qual'è il primo ricordo d'infanzia di mio fratello?