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Visualizzazione dei post da maggio, 2015
Sempre più spesso, negli ultimi tempi, mi accorgo a volte di parlare da solo. A chi parlo? Chi voglio convincere? Me stesso, credo. Impresa per niente facile. Per questo, quando parlo da solo sono costretto ad una chiarezza che difficilmente riesco a trovare quando parlo con altri.
La notte si lavora alacremente per disfare ciò che il giorno ha tramato. E' la condizione perchè ci sia un domani. Ossia un ritorno che ci liberi. Come la tela di Penelope.
Non so perchè. Certe storie nascono raccontate in prima persona. Le più intime usano la terza.
"Io non cerco, trovo!" Lo diceva Picasso, trasformando un rottame prelevato da una discarica in una scimmietta viva sotto gli occhi stupefatti di chi lo accompagnava. Era Picasso. Io ho cercato, secondo l'insegnamento ricevuto. Quello che ho trovato non era quello che cercavo, ampiamente confutando l'assioma agostiniano, secondo cui si cerca ciò che già si è trovato. Tra ricerca e risultato il nesso mi è tuttora ignoto. Nondimeno, per abitudine cerco tuttora. La mia speranza non è di trovare, ma che qualcuno mi trovi.
Bisogna riconoscere che in un paese dove l'azione penale è obbligatoria, ma un processo dura più di 12 anni, il principio secondo il quale non si è colpevoli fino a condanna definitiva è solo una presa per il culo.
Ciò che consente alla domanda di esistere non è la risposta, ma l'ascolto. L'ascolto mantiene viva la domanda, la risposta la uccide.
"Encore" è per Lacan la parola che denota il rapporto amoroso. Ancora, ne voglio ancora. Non mi basta. "Encore", che ha in francese lo stesso suono (corpo della parola) di "en corps", ossia "nel corpo".
Poche cose ancora veramente fatte a mano. La poesia. Forse. (L'altra mano resti comunque sempre libera per una carezza.)
Dove va il cielo quando si asciuga l'acqua delle pozzanghere? Sotto l'ala di un corvo nero sparisce nelle nuvole.  Il cielo riappare dopo la nuova pioggia.
Era uno degli ultimi ospiti del vecchio ospedale psichiatrico. Dopo la legge che aveva abolito i manicomi, erano rimasti solo i più vecchi, probabilmente perchè senza un altro posto dove andare, o perchè s'erano abituati alla tranquillità di quel luogo appartato. Lo incontravo sempre alla fermata dell'autobus, poco lontano dai cancelli dell'istituto. L'uomo folle mi guardava fisso come se si specchiasse. Si accendeva la sigaretta con gesto d'attore per mostrarmi come si fa. "Ho il biglietto, eccolo qua", diceva. Poi quando arrivava l'autobus, lui s'incantava sempre davanti alla portiera spalancata, con un piede sul predellino guardandosi incerto la mano col biglietto e poi l'altra colla sigaretta. La gente lo spingeva brontolando, finchè si tirava da parte e l'autobus ripartiva senza di lui.  Non l'ho mai visto salire davvero. Non è mai partito, credo. Forse aspettava la corsa successiva per finire in pace la sigaretta o per rispar
In fondo ai suoi versi spalancata la finestra immagine del mondo dalla quale ho preso il volo.
Una certezza sopra ogni cosa, al fondo di ogni cosa: che tutto ciò, la nostra esistenza, il nostro mondo, tutto finirà.  Solo questa certezza può dare fondamento alla nostra vita.

Schoenberg - Verklärte Nacht, op.4-1

Più di 30 anni fa ho fatto un giro per le montagne dormendo per rifugi, assieme a Mario F., mio compagno di studio all'università. Mario era il compagno ideale per quell'avventra, tranne un particolare: soffriva di vertigini. Se guardava in basso panicava letteralmente. Era arrivato a pretendere che ci legassimo col cordino per dei passaggi appena più ripidi, rifiutandosi altrimenti di andare oltre. Inutile spiegargli che non c'era altro pericolo se non quello d'inciampare nel cordino, col rischio allora sì di farsi male.  Girovagammo per boschi e ghiaioni all'incirca una settimana. L'ultima notte avevamo dormito al Rifugio Pramperet, in testa alla Valzoldana, svegliandoci prestissimo per il gran finale. Qualcuno sarebbe venuto a prenderci giù al passo Duran con l'auto per tornare a casa. Non ricordo dove, ma ad un certo punto della discesa il sentiero si fece stretto e ripido. Camminavamo proprio in cresta, strapiombo a destra strapiombo a sinistra. Al

EFFETTO "PAULI"

Un grande fisico teorico austriaco era considerato da colleghi fisici sperimentali un vero "menagramo". A causa di una sua presunta totale mancanza di "manualità", essendo egli più a suo agio con formule matematiche ed astruse ipotesi teoriche, gli vietarono di avvicinarsi agli strumenti per paura che li rompesse e addirittura di entrare nei laboratori durante l'esecuzione degli esperimenti. Si riteneva infatti che bastasse la sua semplice presenza per causarne l'irrimediabile fallimento.  Una volta capitò che uno strumento particolarmente costoso e delicato si era rotto nel laboratorio dell'università di Gottinga. Benchè quel giorno e a quell'ora egli fosse in viaggio per Copenhagen, i colleghi gli attribuirono lo stesso il disastro, visto che proprio in quel momento il suo treno si era fermato alla stazione di Gottinga per la coincidenza. Il grande scienziato austriaco si chiamava Pauli ed è famoso per aver elaborato la teoria del c.d. princip

ANDREINO E LO ZERO

I l papà spiega lo zero ad Andrea, che da poco ha compiuto tre anni e sa contare fino a 5. Gli prende la manina e unisce i polpastrelli del pollice e dell'indice, come quando si fa OK. Poi infila il suo dito paterno nel buco e gli dice: "Ecco, qui dov'è vuoto, dove manca qualcosa c'è lo zero". Andreino si fa serio e ci pensa su, ma non è sicuro di aver capito. Il vuoto è una cosa che non si afferra facilmente. Quella sera la mamma portando in tavola la brocca dell'acqua ne lascia cadere un po' sulla tovaglia di tela cerata. Il liquido forma un piccolo lago di forma perfettamente circolare. Andreino capisce: "E' come l'acqua, lo zero. Rotondo, senza colore, senza sapore."
Le marche da bollo non esistono più. Domande e istanze saranno presto abolite. In compenso le risposte che verranno Saranno tutte risposte sbagliate.
Saremo il passato come già fummo l'avvenire nel presente per questo siamo e non siamo.
Da bambino i mattoncini mi finivano sempre prima di aver completato la casetta. E' da allora che ho cominciato ad odiare il mio alter lego.

BRUNO LEGGE QUENEAU (FIORI BLU) SU "IRIDESCENZE". LA PROMESSA.

"Sta attento con le storie inventate. Rivelano cosa c'é sotto. Tal quale come i sogni" (Queneau, I fiori blu). Andrea ha avuto l'idea: usare questo blog per metterci le nostre "letture creative", nostre da costruire insieme anche con altri. Nostre da condividere. Il concetto credo di averlo intuito vagamente eppur mi piace. Magari strada facendo lo capirò meglio. L'importante è provare. Da qualche parte si deve pure cominciare.  E dunque, comincio io. Vi leggerò un libro davvero speciale - I fiori blu di Raymond Queneau - nella specialissima traduzione di Italo Calvino. Comincerò giovedì prossimo con una breve introduzione, tanto per capire di cosa si tratta. Poi, almeno due volte la settimana, uno per uno tutti i ventuno capitoli di questo "strano" racconto. Farò, se webcam e micro mi reggono, dei piccoli video e li pubblicherò così alla buona qui su questo blog di Andrea che mi ospita. Poi penso che si potrebbe creare una pagina
4 milioni di titolari di pensioni tra i 1500 e 3000 euro al mese lordi, ossia tra 4 e 6 volte l'assegno sociale, il prox agosto riceveranno mediamente 500 euro una tantum, in modo progressivo in ragione dell'ammontare dell'esborso (750 chi ha 4 volte l'assegno, 500 chi 5 e 250 chi 6).  Si vedrà in futuro se vi saranno altre "restituzioni.   Glieli avevano "tolti" (non pagati) per ridurre la spesa pensionistica, stoppando le indicizzazioni. Al netto di ogni altra considerazione, fu una manovra restrittiva. Glieli restituiscono, dicono, senza togliere ad altri (ho sentito un onorevole 5stelle che in alternativa chiedeva di ridurre gli incentivi alle imprese per la copertura riservando il "tesoretto" ad altri fini).  L'esborso (2,18 mld di euro) sarebbe pareggiato con le maggiori entrate impreviste dovute a risutalti del PIL migliori dell'atteso c.d. tesoretto. Ma quest'ultimo è anche ritenuto frutto di un mero risparmio di interes
"Ogni uomo, in fondo, sa bene di essere al mondo solo per una volta, come un unicum, e che nessun caso, per quanto straordinario, riuscirà una seconda volta a mescolare insieme quella molteplicità così eccentricamente variopinta nell'unità che egli è; questo l'uomo lo sa, ma lo nasconde come una cattiva coscienza ‑ perché? Per paura del prossimo che esige la convenzione e in essa si nasconde." (F. Nietzsche, Umano, troppo umano) In psichiatria, uno dei disturbi più rari ed affascinanti è la c.d. sindrome del sosia o di Capgras che consiste nel riconoscere come già conosciuta una persona estranea o, al contrario, nel non riconoscere una persona nota o familiare... affioramento del lato oscuro della nostra identità, che è Altro, già visto, già vissuto, già sentito... non siamo unici, ma piuttosto molteplici nella sincronicità (Jung o il suo sosia irriconoscibile) con noi stessi, cioè con l'Altro... alla fine ciò che variamente combiniamo sono sempre gli stessi el
Patrimonio. Demonio dei Padri. Matrimonio. Inferno delle Madri. I figli e le figlie Salvo premorienza Sono chiamati all'eredità.
Il suicidio è tanto desiderabile quanto impensabile. Pensare è concepire la catena delle conseguenze. Desiderare è credere di potersene liberare. Questione di fede, non di ragione. Il vero suicida non pensa, perche vuole liberarsi dalla catena e ha solo paura di non farcela.
Imbecille è l'in-baculum (senza bastone), l'uomo debole e senz'arma. E' l'uomo che preferisce la lotta a mani nude, piuttosto che dare carnem all'imperium. Egli nasce dove finisce il servo obbediente e comincia il vero combattente che, in quanto imbecille non ama mai la guerra essendo in-bellum (contro la guerra). Imbecille è chi rifiuta di sacrificare al potere il proprio amore disarmato, di essere macellato o di macellare altri imbecilli come lui. Quando incontra il cretino (da chretien/cretin, fr.prov. o romancio? nel senso di povero cristo, uomo semplice e innocente) l'imbecille è felice perché ha trovato un fratello.
L'ascolto di un poeta non è dialogo, ma risonanza. La sua voce non è più sua e non sarà mai di chi gli fa eco.
Sia l'andata che il ritorno tutto è pagato e partire è un po' morire.    - Andiamo?    - Andiamo pure.
Amavamo tu, di me la vergine vertigine dell'età io, di te la vertiginosa verginità. Ciò che allora ci siamo dati l'uno all'altra reciprocamente restituiamo.
La parola REAZIONE assume due significati antitetici, a seconda che sia riferita all'individuo o alla massa. Non necessariamente, ma la rivolta dell'individuo all'ingiustizia PUO' essere un inizio, un passo verso il progresso morale. Non necessariamente, ma spesso la "ribellione" delle masse è un passo indietro.
Ciò che chiamiamo Auschwitz non è solo l'Olocausto, l'annientamento di milioni di uomini, ma l'uccisione dell'umanità delle persone che precede l'uccisione dei corpi. Uccisione dell'umanità delle vittime, loro riduzione a sotto-uomini, resi incapaci di opporsi all'annientamento subito (pochissimi infatti si ribellarono, qualcuno si uccise), ma anche uccisione dell'umanità degli assassini ridotti a strumenti di uccisione dei corpi. Disumanità non subita ma consapevolmente voluta. Perfino lucidamente teorizzata da Himmler, come necessaria per divenire Ubermenschen. Superuomini o sottouomini, comunque non-uomini. Ciò che appare terrificante non è lo sterminio di moltitudini, che è stato sempre e ancora accadrà, nè la ferocia degli assassini che è pur sempre un tratto di umanità possibile (Feroci come bestie? No feroci come uomini ci ricorda Shakespeare), ma la disumanità di quest'ultimi, ciò che Arendt chiama "banalità" cioè la rinuncia/assen

Elisabeth Lutyens Motet op. 27

Sì lo so: i sogni si pagano; ma io cerco sempre di lasciare debiti in sospeso. Io sogno. Qualcun altro pagherà.
L'esperienza tutt'al più ci fa esperti, ossia quanto di più lontano vi sia dalla conoscenza e dalla vita. Ciò che ci rende saggi è piuttosto la sofferenza, soprattutto quando è sofferenza dell'anima.
Camminando sulle ceneri del vulcano addormentato. La speranza di ardere guida il mio passo.
Come vivere senza l’ignoto davanti a sé? Gli uomini d’oggi vogliono che l’opera poetica sia ad immagine della loro vita, così vuota di sguardi e di spazio e arsa d’intolleranza. Poiché l'azione suprema non procura loro più alcun piacere, in questa preoccupazione fatale di distruggersi per mezzo del proprio simile, poiché la loro ricchezza inerte li frena e li incatena, indeboliti nell’istinto, gli uomini d’oggi si perdono, nel mentre si mantengono vivi, fino a mandare in cenere il loro nome. Nata dall’appello del divenire e dall’angoscia del trattenersi, l’opera poetica, elevandosi dal suo pozzo di fango e di stelle, testimonierà quasi in silenzio che non c’era niente in lei che non esisteva in realtà altrove, in questo ribelle e solitario mondo delle contraddizioni. (R. Char, da Poème pulverisé)