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Visualizzazione dei post da novembre, 2016

Shakespeare - Sonetto 35 (traduzione)

Per ciò che hai fatto non ti crucciare Le rose hanno spine, fango le fonti Eclissi e nubi coprono la luna e il sole Nella più dolce rosa un verme vive. Sbagliano tutti ma fu mio errore  difendere te frodando me stesso  Ora per scagionarti vado in rovina giustificando una colpa senza scuse. E poiché sono complice del tuo peccato sono ad un tempo tuo contraddittore E tuo avvocato e di me stesso accusatore E tanto in me duellano odio e amore Che contro la mia volontà faccio il palo alla dolce ladra che spietata mi deruba.

Risponderò di no

Risponderò di no ad ogni tua ragione Sarò spietato quanto tu umano Non avrò paura del tuo pianto Alla mia colpa non porterò scuse Mentirò, se occorre, ma sarà meglio Che fingere ogni volta di sapere O di cercare solo verità opportune Non resterò mai muto ad aspettare. Impara, se vuoi, la mia lezione Il consumarsi della brace ardente Il fuoco acceso dell’ostinazione. Non ciò ch’ è utile, ma ciò che amo Mi sia concesso prima che sia finita Oppure adesso prenditi il mio cuore.

Coltivare il tuo giardino non si può.

Ci sono nuvole gelide al mattino Nel tuo sguardo senza fede Coprono il sole finché possono Non vogliono luce né calore La tua voce piange il dolore E c’è il tremore della notte ostile Nelle tue dita, c’è un rimpianto febbrile Di sfioramenti, di accelerato batticuore. Dietro vetri appannati attendi il giorno Guardi l’erba ghiacciata sotto i piedi. Hai una dea di fronte, ma ciò che vedi È solo l’esigenza circolare del ritorno. Per compiuta giacenza riceverai l’avviso Coltivare il tuo giardino non si può.
Una cosa ho capito (forse) di me stesso. Muovermi su un terreno assolutamente nuovo, inesplorato non mi mette a disagio ma mi induce a riflettere a studiare ad approfondire. Aprirmi al mondo e ripiegarmi su me stesso a pensare. Un atteggiamento riflessivo e creativo al tempo stesso. Per il mio equilibrio entrambe le cose.

Digesta seu Pandectae

Digesta è dal latino digerĕre dividere in parti o sezioni per mettere ordine fare a pezzi o porzioni per distribuire spartire lo si fa col cibo quando se ne fa bocconi si tritura coi denti digerendo poi tutto - cibum quod dentes digerunt direbbe Seneca - - prima digestio fit in ore - raccomanda la Scuola salernitana ma la regola vale per ogni cosa che transita dalla nostra bocca. Pandectae invece viene dal greco παν ossia tutto e δέχομαι prendi ricevi o raccogli tutto insieme come viene viene purché non vada disperso. Ed ecco che qui dentro in me trovi tutto a pezzetti forse un poco alla rinfusa storie sogni canti e pensieri cose di oggi e cose di ieri tanti di/versi frammenti raccolti a mucchietti addentati inghiottiti digeriti a metà.

Sei la parte scura e vischiosa dell’anima mia

Sei fatta di parole opache Di lento ansimare oltre la porta Nera come il sibilo della morte Tieni tra le braccia il bimbo cui hai tolto l’anima Lui vorrebbe andare fuori a giocare Il suo canto farebbe invidia agli uccelli Ma per te è sempre tempo che dorma Ci sono solo insetti che nascono dai tuoi passi Un’intero esercito di insetti che ondeggia al tuo seguito Una schiera liquida come macchia oleosa Sei la parte scura e vischiosa dell’anima mia E mi togli la vita ogni giorno che viene All’infinito parli e ripeti ogni volta tutto daccapo E non sbagli mai un aggettivo o un verbo Delle mie emozioni tu sai tutto Ogni più piccolo ingranaggio del cuore Ma per te sono cose passate E al futuro dici sempre che non sono pronto Con ostacoli invisibili mi sbarri il passo Hai nascosto il mio cuore in tre case Nessuna delle quali mi appartiene. Hai fissato per me l’appuntamento Ma non andrò. Non ho più nulla da dire a nessuno E parlo solo con te.