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POSTPRANDIUM

Da un po' c'è questo blog. All'inizio mi sono interrogato se si trattava di scrivere un diario “in pubblico” per dire qualcosa di me, oppure una specie di “giornale” in privato, per dire la mia su tutto quel ch'è fuori di me? Mah!? Alla fine ho deciso di metterci di tutto, di me e del mondo, restando(almeno per il momento) "in privato", ossia senza rendere visibile il blog se non a chi espressamente vorrò invitare. Comunque la cosa pià difficile sarà scrivere ogni giorno o anche a giorni fissi. Più probabile che sarà quando ho voglia e quando posso. Forse poco, forse quasi mai. E poi: quando scrivere? Molti consigliano sempre qualcosa all’inizio della giornata, al risveglio o magari appena prima di mettersi a lavorare, per farne uno strumento di programmazione quotidiana, una specie di “mattinale” o di sistematica dichiarazione d’intenti e buoni propositi…più probabile che finisca per scrivere (come adesso) nel dopopranzo, quando tutto è ancora confuso, anche la mente un po’ annebbiata dal troppo cibo , semprechè non decida di farmi un giretto...Post prandium aut stabis (et scribebis) aut ambulabis, diceva l'antica scuola medica. Ecco sì…nel dopopranzo…anche se il pignolo Castiglionimariotti rileva che "prandium" in latino non è pranzo, ma cena. E così potrebbe essere, chissà, dopo cena, prima di andare a letto, magari dopo aver preso appunti lungo tutta la giornata.

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TRADUZIONI. SHAKESPEARE SONETTO 73

Quello che in me vedi è il tempo dell'anno In cui ingiallite foglie pendono dai rami e cadono rabbrividendo incontro al gelo nude rovine ove già cantavano gli uccelli. Quello che in me vedi è il crepuscolo del giorno Che ad occidente svanisce nella sera e piano piano la notte nera inghiotte ombra di morte in cui tutto si placa. Quello che in me vedi è il brillar del fuoco che tra le ceneri di gioventù giace come sul letto di morte in cui ha fine oggi consunta da ciò che la nutriva un dì. Questo di me tu vedi che l'amore tuo accresce Perché meglio tu possa amare chi lascerai tra poco. That time of year thou mayst in me behold,  When yellow leaves, or none, or few do hang  Upon those boughs which shake against the cold,  Bare ruined choirs, where late the sweet birds sang.  In me thou seest the twilight of such day,  As after sunset fadeth in the west, Which by and by black night doth take away, Death’s second self that seals up all in rest.  In me thou

Aquila di Lord Alfred Tennyson

Con artigli deformi la rupe afferra; Intima del sole su desolata terra ella si leva e l'azzurro mondo la rinserra. A lei s'inchina la superficie increspata; Dai suoi montani spalti ella scruta Ed è come la folgore precipitata. He clasps the crag with crooked hands; Close to the sun in lonely lands, Ringed with the azure world, he stands. The wrinkled sea beneath him crawls; He watches from his mountain walls, And like a thunderbolt he falls. ©trad.Bruno Martellone- Treviso, 3/3/2012

Shakespeare - Sonetto 35 (traduzione)

Per ciò che hai fatto non ti crucciare Le rose hanno spine, fango le fonti Eclissi e nubi coprono la luna e il sole Nella più dolce rosa un verme vive. Sbagliano tutti ma fu mio errore  difendere te frodando me stesso  Ora per scagionarti vado in rovina giustificando una colpa senza scuse. E poiché sono complice del tuo peccato sono ad un tempo tuo contraddittore E tuo avvocato e di me stesso accusatore E tanto in me duellano odio e amore Che contro la mia volontà faccio il palo alla dolce ladra che spietata mi deruba.