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FABULA DE TE NARRATUR

Di Esopo a scuola c'insegnano
che è l'inventore della favola antica
il mythos 
che in greco vuol dire voce o racconto
la parola quando ancora non è logos
narrazione di un tempo privo di storia
dove parlano uomini e dei
ma hanno ancora voci di bestie
mythos appunto
da antica radice sanscrita "MI"
emettere verso o muggito
come d'animale che si riveli da dentro
suono ancora inarticolato
verso senza metro
più antico perfino del canto
voci d'antichi eterni segreti
perlopiù di tori che danno lezione a zanzare
crudele strido dello sparviero dalle lunghe ali spiegate
che all'usignolo dal collo multicolore
insegna a non sperare vittoria nel mondo
o patirà la vergogna oltre il dolore

Nel greco di Esiodo
e di altri poeti 
(Archiloco, per esempio)
forse con più sottigliezza
la favola è àinos
con la stessa radice di enigma
mistero o segreto
nel breve racconto d'un sogno al risveglio
si rivela il senso della tua storia
come il re per essere saggio
devi tornare bambino.


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TRADUZIONI. SHAKESPEARE SONETTO 73

Quello che in me vedi è il tempo dell'anno In cui ingiallite foglie pendono dai rami e cadono rabbrividendo incontro al gelo nude rovine ove già cantavano gli uccelli. Quello che in me vedi è il crepuscolo del giorno Che ad occidente svanisce nella sera e piano piano la notte nera inghiotte ombra di morte in cui tutto si placa. Quello che in me vedi è il brillar del fuoco che tra le ceneri di gioventù giace come sul letto di morte in cui ha fine oggi consunta da ciò che la nutriva un dì. Questo di me tu vedi che l'amore tuo accresce Perché meglio tu possa amare chi lascerai tra poco. That time of year thou mayst in me behold,  When yellow leaves, or none, or few do hang  Upon those boughs which shake against the cold,  Bare ruined choirs, where late the sweet birds sang.  In me thou seest the twilight of such day,  As after sunset fadeth in the west, Which by and by black night doth take away, Death’s second self that seals up all in rest.  In me thou

Aquila di Lord Alfred Tennyson

Con artigli deformi la rupe afferra; Intima del sole su desolata terra ella si leva e l'azzurro mondo la rinserra. A lei s'inchina la superficie increspata; Dai suoi montani spalti ella scruta Ed è come la folgore precipitata. He clasps the crag with crooked hands; Close to the sun in lonely lands, Ringed with the azure world, he stands. The wrinkled sea beneath him crawls; He watches from his mountain walls, And like a thunderbolt he falls. ©trad.Bruno Martellone- Treviso, 3/3/2012

Shakespeare - Sonetto 35 (traduzione)

Per ciò che hai fatto non ti crucciare Le rose hanno spine, fango le fonti Eclissi e nubi coprono la luna e il sole Nella più dolce rosa un verme vive. Sbagliano tutti ma fu mio errore  difendere te frodando me stesso  Ora per scagionarti vado in rovina giustificando una colpa senza scuse. E poiché sono complice del tuo peccato sono ad un tempo tuo contraddittore E tuo avvocato e di me stesso accusatore E tanto in me duellano odio e amore Che contro la mia volontà faccio il palo alla dolce ladra che spietata mi deruba.