"Ogni uomo, in fondo, sa bene di essere al mondo solo per una volta, come un unicum, e che nessun caso, per quanto straordinario, riuscirà una seconda volta a mescolare insieme quella molteplicità così eccentricamente variopinta nell'unità che egli è; questo l'uomo lo sa, ma lo nasconde come una cattiva coscienza ‑ perché? Per paura del prossimo che esige la convenzione e in essa si nasconde." (F. Nietzsche, Umano, troppo umano)
In psichiatria, uno dei disturbi più rari ed affascinanti è la c.d. sindrome del sosia o di Capgras che consiste nel riconoscere come già conosciuta una persona estranea o, al contrario, nel non riconoscere una persona nota o familiare... affioramento del lato oscuro della nostra identità, che è Altro, già visto, già vissuto, già sentito... non siamo unici, ma piuttosto molteplici nella sincronicità (Jung o il suo sosia irriconoscibile) con noi stessi, cioè con l'Altro... alla fine ciò che variamente combiniamo sono sempre gli stessi elementi ed in modo del tutto a-causale coincidiamo con noi stessi.
Ciò che chiamiamo identità è qualcosa di assolutamente accidentale e impermanente. Pura co-incidenza dove l'incidente è allo stesso tempo ciò che ci cade addosso (da in+cado) e ciò che taglia, che incìde (da in+caedo).
Siamo caduti in ciò che siamo o ciò che siamo ci cade addosso, è lo stesso, comunque ci tagliamo, ci facciamo male.
Ciò che chiamiamo identità, la percezione dell'io è dolore e dolore assurdo, senza fondamento.
L'ordine: Sii te stesso! somiglia al roussoviano "Sii libero", l'identità coatta è come la libertà obbligatoria, cioè impossibile. Io posso essere l'Uomo Nuovo solo per co-incidenza.