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Shakespeare, Sonetto 50












Duro si fa questo mio stanco andare
E più cerco un traguardo ai passi miei
O un luogo calmo dove riposare
Più avverto quanto distante tu sei!

La povera bestia che lenta si trascina
stanca di portare me con la mia pena
sembra sappia che non c'è fretta alcuna 

poiché chi porta è da te che s’allontana:

nè la sprona lo sperone insanguinato
che rabbioso nel suo fianco ho conficcato,
e con gemiti risponde l’infelice animale
ma più a me che a lui la trafittura duole,

poiché mi ricorda ad ogni suo lamento
che gioia passò e avanti è solo tormento.


How heavy do I journey on the way,
When what I seek (my weary travel’s end)
Doth teach that ease and that repose to say
Thus far the miles are measur’d from thy friend.

The beast that bears me, tired with my woe,
Plods duly on, to bear that weight in me,
As if by some instinct the wretch did know
His rider lov’d not speed being made from thee:

The bloody spur cannot provoke him on,
That sometimes anger thrusts into his hide,
Which heavily he answer with a groan,
More sharp to me than spurring to his side,

For that same groan doth put this in my mind,
My grief lies onward and my joy behind
.

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TRADUZIONI. SHAKESPEARE SONETTO 73

Quello che in me vedi è il tempo dell'anno In cui ingiallite foglie pendono dai rami e cadono rabbrividendo incontro al gelo nude rovine ove già cantavano gli uccelli. Quello che in me vedi è il crepuscolo del giorno Che ad occidente svanisce nella sera e piano piano la notte nera inghiotte ombra di morte in cui tutto si placa. Quello che in me vedi è il brillar del fuoco che tra le ceneri di gioventù giace come sul letto di morte in cui ha fine oggi consunta da ciò che la nutriva un dì. Questo di me tu vedi che l'amore tuo accresce Perché meglio tu possa amare chi lascerai tra poco. That time of year thou mayst in me behold,  When yellow leaves, or none, or few do hang  Upon those boughs which shake against the cold,  Bare ruined choirs, where late the sweet birds sang.  In me thou seest the twilight of such day,  As after sunset fadeth in the west, Which by and by black night doth take away, Death’s second self that seals up all in rest.  In me thou

Aquila di Lord Alfred Tennyson

Con artigli deformi la rupe afferra; Intima del sole su desolata terra ella si leva e l'azzurro mondo la rinserra. A lei s'inchina la superficie increspata; Dai suoi montani spalti ella scruta Ed è come la folgore precipitata. He clasps the crag with crooked hands; Close to the sun in lonely lands, Ringed with the azure world, he stands. The wrinkled sea beneath him crawls; He watches from his mountain walls, And like a thunderbolt he falls. ©trad.Bruno Martellone- Treviso, 3/3/2012

Shakespeare - Sonetto 35 (traduzione)

Per ciò che hai fatto non ti crucciare Le rose hanno spine, fango le fonti Eclissi e nubi coprono la luna e il sole Nella più dolce rosa un verme vive. Sbagliano tutti ma fu mio errore  difendere te frodando me stesso  Ora per scagionarti vado in rovina giustificando una colpa senza scuse. E poiché sono complice del tuo peccato sono ad un tempo tuo contraddittore E tuo avvocato e di me stesso accusatore E tanto in me duellano odio e amore Che contro la mia volontà faccio il palo alla dolce ladra che spietata mi deruba.