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Ars dicendi (ad Andrea Sangati)

I
Inventio

La scoperta del vero
O quantomeno di ciò che gli rassomiglia
Non si presentò mai come problema
Né fu necessario stratagemma alcuno
Per convincere tutti
Delle mie buone ragioni
Forse per questo ho perduto la causa
Contro l’unico in grado di contraddirmi
Gli argomenti contrari
Erano tutti dentro di me.

II
Dispositio

All’inizio è l’ordine
Che precede la vita
E da quel punto si perde il filo.
L’unico accordo possibile 

Rimane quello tra l’assurdo 
del mondo e il nostro caos interiore.
Alla fine tutto resta com’è
Non sarà l’ordine ben disposto
Ma la trama dei giorni
Tutte le notti disfatta
Che non si può più rifare.

III
Elocutio

Metaforicamente parlando
La mia voce è un fiume che scorre
E più si allontana dalla sorgente
Più la superficie s’intorbida
Trasportando sassi e confusi detriti
Rendendo inaccessibile
Il tesoro prezioso sul fondo
Aumentando la distanza tra le rive.
La gravità è la sua unica legge
E tutto alla fine si perde in mare.
Ma se le parole sono pietre
Come quelle portate dal fiume
Allora la colpa non è delle parole
Ma di chi le scaglia.

IV
Memoria

Proprio mentre dicevo
“Io non sono così”
L’immagine d’improvviso è sfuocata
Sono fuggiti i pensieri
In tutte le direzioni
Simili a vespe
Quando il fuoco le avvicina
Per un attimo muto
Ho chiuso gli occhi 

Ho allargato le braccia
Poi lentamente è ripartito il nastro
E io ho ripreso con voce alta
Come se fosse un altro a parlare
Come se il prezzo
Qualcun altro l’avesse pagato.

V
Actio seu pronuntiatio

E per ultima l’azione impossibile
L’obbligo della spontaneità
Pronunciare tutto con naturalezza
Con studiati balbettamenti interiezioni
E soprattutto iterazioni
La crisi sta sotto 

Sepolta dall'arte del dire
I Greci la chiamavano ypòcrisis 
L’incompresa virtù dell’ipocrita
E cioè recitare come l’attore
Il quale sa che non basta 

Il senso fatto palese 
Dal significato proprio delle parole
Anzi risulterebbero perfino inattendibili
Senza una maschera di simulata fatica
Magari quella del dubbio esibito
A riprova che nella vita
Sostenere la parte assegnata
Richiede talento d’artista.

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TRADUZIONI. SHAKESPEARE SONETTO 73

Quello che in me vedi è il tempo dell'anno In cui ingiallite foglie pendono dai rami e cadono rabbrividendo incontro al gelo nude rovine ove già cantavano gli uccelli. Quello che in me vedi è il crepuscolo del giorno Che ad occidente svanisce nella sera e piano piano la notte nera inghiotte ombra di morte in cui tutto si placa. Quello che in me vedi è il brillar del fuoco che tra le ceneri di gioventù giace come sul letto di morte in cui ha fine oggi consunta da ciò che la nutriva un dì. Questo di me tu vedi che l'amore tuo accresce Perché meglio tu possa amare chi lascerai tra poco. That time of year thou mayst in me behold,  When yellow leaves, or none, or few do hang  Upon those boughs which shake against the cold,  Bare ruined choirs, where late the sweet birds sang.  In me thou seest the twilight of such day,  As after sunset fadeth in the west, Which by and by black night doth take away, Death’s second self that seals up all in rest.  In me thou

Aquila di Lord Alfred Tennyson

Con artigli deformi la rupe afferra; Intima del sole su desolata terra ella si leva e l'azzurro mondo la rinserra. A lei s'inchina la superficie increspata; Dai suoi montani spalti ella scruta Ed è come la folgore precipitata. He clasps the crag with crooked hands; Close to the sun in lonely lands, Ringed with the azure world, he stands. The wrinkled sea beneath him crawls; He watches from his mountain walls, And like a thunderbolt he falls. ©trad.Bruno Martellone- Treviso, 3/3/2012

Shakespeare - Sonetto 35 (traduzione)

Per ciò che hai fatto non ti crucciare Le rose hanno spine, fango le fonti Eclissi e nubi coprono la luna e il sole Nella più dolce rosa un verme vive. Sbagliano tutti ma fu mio errore  difendere te frodando me stesso  Ora per scagionarti vado in rovina giustificando una colpa senza scuse. E poiché sono complice del tuo peccato sono ad un tempo tuo contraddittore E tuo avvocato e di me stesso accusatore E tanto in me duellano odio e amore Che contro la mia volontà faccio il palo alla dolce ladra che spietata mi deruba.