SOMMARIO
Come vivere senza l’ignoto davanti a sé?
Gli uomini d’oggi vogliono che l’opera poetica sia ad immagine della loro vita, così vuota di sguardi e di spazio e arsa d’intolleranza.
Poiché agire al massimo grado non procura loro più alcun piacere, in questa preoccupazione fatale di distruggersi per mezzo del proprio simile, poiché la loro ricchezza inerte li frena e li incatena, indeboliti nell’istinto, gli uomini d’oggi perdono, nel mentre si mantengono viventi, perfino la cenere del loro nome.
Nata dall’appello del divenire e dall’angoscia del trattenersi, l’opera poetica, elevandosi dal suo pozzo di terra e di stelle, testimonierà quasi silenziosamente che non c’era niente in lei che non esistesse veramente altrove, in questo ribelle e solitario mondo delle contraddizioni.
LE TRE SORELLE
Amore mio vestito come l’azzurro faro
bacio la febbre del tuo viso
dove dorme la luce che in segreto gioca.
Io amo e sto piangendo. Io sono vivo
ed è il tuo cuore questa Stella del Mattino
dalla durata vittoriosa che s’imporpora
prima di rompere la lotta delle Costellazioni.
Fuori di te, che la mia carne si faccia vela
che resiste al vento.
I
Nell’urna dei tempi di seconda mano
Il bambino che nasceva era di gesso.
La marcia biforcuta delle stagioni
Fasciava d’erba l’ignoto.
La scomponibile conoscenza
Opprimeva la primavera di temporali.
Un profumo di paese
Dilatava il fiore appena apparso.
Comunicazione offesa
Scorza o brina abbandonate;
L’aria avvolge, il sangue ravviva;
L’occhio fa mistero del baciare.
Dando vita all’aperta via,
Giunse il turbine alle ginocchia;
E questo slancio, il letto delle lagrime
Ne fu colmo d’un solo battito.
II
La seconda grida e si sottrae
All’ape onnipresente e al tiglio rosso
Ella è un giorno di vento perpetuo
Il dado azzurro della lotta, sentinella che sorride
Quando la sua lira canta: “Ciò che voglio, sarà.”
E’ l’ora di tacere
Di divenire la torre
Che l’avvenire brama.
Il cacciatore di sé stesso fuggì la sua fragile casa
Lo seguì la sua voliera, senza più paura.
La loro chiarezza è così elevata, così nuova la loro salute
Che i due che se ne vanno senza nulla dire
Non sentono le sorelle che ricordano loro
Il lungo bavaglio di cenere sulle bianche foreste.
III
Questo bambino sulla tua spalla
E’ la tua occasione e il tuo fardello
Terra nella quale l’orchidea avvampa
Fate che non si stanchi di voi.
Rimanete fiore e frontiera,
Rimanete nettare e serpente;
Ciò che ammassa la chimera
Presto il ricovero abbandona.
Muoiono gli occhi di chi è unico
E la parola che disvela.
La piaga che arranca allo specchio
E’ signora delle due bisacce.
Violenta la spalla si socchiude;
Muto appare il vulcano.
Terra su cui splende l’ulivo
Tutto svanisce nel passaggio.
Trad. settembre 2015.
Come vivere senza l’ignoto davanti a sé?
Gli uomini d’oggi vogliono che l’opera poetica sia ad immagine della loro vita, così vuota di sguardi e di spazio e arsa d’intolleranza.
Poiché agire al massimo grado non procura loro più alcun piacere, in questa preoccupazione fatale di distruggersi per mezzo del proprio simile, poiché la loro ricchezza inerte li frena e li incatena, indeboliti nell’istinto, gli uomini d’oggi perdono, nel mentre si mantengono viventi, perfino la cenere del loro nome.
Nata dall’appello del divenire e dall’angoscia del trattenersi, l’opera poetica, elevandosi dal suo pozzo di terra e di stelle, testimonierà quasi silenziosamente che non c’era niente in lei che non esistesse veramente altrove, in questo ribelle e solitario mondo delle contraddizioni.
LE TRE SORELLE
Amore mio vestito come l’azzurro faro
bacio la febbre del tuo viso
dove dorme la luce che in segreto gioca.
Io amo e sto piangendo. Io sono vivo
ed è il tuo cuore questa Stella del Mattino
dalla durata vittoriosa che s’imporpora
prima di rompere la lotta delle Costellazioni.
Fuori di te, che la mia carne si faccia vela
che resiste al vento.
I
Nell’urna dei tempi di seconda mano
Il bambino che nasceva era di gesso.
La marcia biforcuta delle stagioni
Fasciava d’erba l’ignoto.
La scomponibile conoscenza
Opprimeva la primavera di temporali.
Un profumo di paese
Dilatava il fiore appena apparso.
Comunicazione offesa
Scorza o brina abbandonate;
L’aria avvolge, il sangue ravviva;
L’occhio fa mistero del baciare.
Dando vita all’aperta via,
Giunse il turbine alle ginocchia;
E questo slancio, il letto delle lagrime
Ne fu colmo d’un solo battito.
II
La seconda grida e si sottrae
All’ape onnipresente e al tiglio rosso
Ella è un giorno di vento perpetuo
Il dado azzurro della lotta, sentinella che sorride
Quando la sua lira canta: “Ciò che voglio, sarà.”
E’ l’ora di tacere
Di divenire la torre
Che l’avvenire brama.
Il cacciatore di sé stesso fuggì la sua fragile casa
Lo seguì la sua voliera, senza più paura.
La loro chiarezza è così elevata, così nuova la loro salute
Che i due che se ne vanno senza nulla dire
Non sentono le sorelle che ricordano loro
Il lungo bavaglio di cenere sulle bianche foreste.
III
Questo bambino sulla tua spalla
E’ la tua occasione e il tuo fardello
Terra nella quale l’orchidea avvampa
Fate che non si stanchi di voi.
Rimanete fiore e frontiera,
Rimanete nettare e serpente;
Ciò che ammassa la chimera
Presto il ricovero abbandona.
Muoiono gli occhi di chi è unico
E la parola che disvela.
La piaga che arranca allo specchio
E’ signora delle due bisacce.
Violenta la spalla si socchiude;
Muto appare il vulcano.
Terra su cui splende l’ulivo
Tutto svanisce nel passaggio.
Trad. settembre 2015.