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Facile

L’estate dopo la maturità partii per i mari del Sud con mio fratello e i soliti amici. Il nostro obiettivo era un campeggio per famiglie sul litorale pugliese. Eravamo in cinque e dividevamo una canadese per quattro, usata. Nessuno la sapeva montare. Trafficammo per ore ed alla fine si decise che andava bene anche se pendeva da una parte. Se pioveva non avrebbe retto. Ma per fortuna quella fu un’estate asciuttissima e non piovve mai.

A turno, uno di noi dormiva fuori della tendina. Era certamente il più fortunato, perché là sotto non si respirava e regnava il caos.

Fu la vacanza più strana della mia vita. Una cosa però la ricordo con emozione. Un bellissimo risveglio all’alba in riva al mare. Una specie di favola erotica che col tempo, forse, si è arricchita di qualche particolare non del tutto certo, ma più vera del vero. Come lo sono i sogni.

Quella notte toccava a me dormire fuori della canadese ed ero felice. Di nascosto dai miei amici avevo conosciuto una ragazza. Tedesca, bionda e molto carina. Si chiamava Dorri e aveva 16 anni. Mi confessò che voleva fare il bagno nuda, ma solo se c’era vicino un ragazzo di cui potersi fidare. Il ragazzo ero io.

C’eravamo dati appuntamento all’alba del giorno dopo. A nuoto avremmo raggiunto una caletta appartata non lontana. Nessuno doveva sapere.

Per non arrivare in ritardo decisi di dormire direttamente sulla spiaggia, addossato a un pedalò in secca. Non avevo mai dormito così vicino al mare e al cielo pieno di stelle.

Pensavo a Dorri, ma anche ad un’altra ragazza che spesso mi veniva in mente a quel tempo, prima di addormentarmi. Non so se in sogno o nelle mie fantasie, le due ragazze finivano per offrirsi a me entrambe, con passione e quella notte mi sembrò lunga ed estenuante.

Dorri mi svegliò poco prima dell’alba parlandomi a bassa voce con parole nella sua lingua che non capivo. Era avvolta in un telo da spiaggia di spugna, in piedi, di fronte a me. Mi alzai e il telo cadde a terra. Lei si avvicinò e mi sfilò la maglietta e il costume in silenzio, come offesa che non fossi già pronto, come era lei. Poi dondolando andò incontro al mare, proprio mentre il disco color papavero del sole faceva capolino dietro gli scogli insanguinando l’orizzonte.

Il mare era gelido, ma non placò il mio fuoco. Pensavo ancora all’altra ragazza, quella rimasta in città. Eravamo stati più di una volta sul punto di farlo. Ci baciavamo e toccavamo per ore senza mai arrivare fino in fondo. Lei non me lo permetteva. Finiva da sola, lasciandomi guardare. Era più grande di me e con crudeltà mi raccontava dei suoi amanti. Uno in particolare, un uomo anziano sposato che la faceva molto godere. Di me era assurdamente gelosa e con crudeltà non mi permetteva di arrivare fino in fondo.

Adesso avrei voluto che mi vedesse. Non so perché, ma avrei proprio voluto.

Dorri nuotava come un pesce ed il suo corpo era la cosa più bella liscia e dorata che avessi mai visto. Desideravo baciarla e toccarla, ma non nuotavo abbastanza veloce per raggiungerla. Lei doppiò per prima la piccola scogliera che delimitava la spiaggia del camping. Per un poco non la vidi più, poi raggiunsi anch’io la caletta adiacente. La vidi mentre ritta in piedi usciva dal mare dondolando.

Giunsi anch’io, dietro di lei, con tutto il mio desiderio. La minuscola spiaggia era deserta e c’era forse un’ora prima che il sole, ancora basso all’orizzonte, si alzasse sopra le dune con la sua luce indiscreta.

Baciai Dorri, accorgendomi a quel punto di quanto fosse bambina.

“E’ prima volta”, mi disse tremando per il freddo.

“Non avere paura, è facile”, mentii. Non so perché, ma pensai che l’unica cosa importante, in quel momento, era mostrarmi sicuro ed esperto. Non lo ero affatto, ma lei non se ne accorse.

Fu quella, per me, la mia prima volta. Un misto di tante cose, tra loro contrastanti. Non penso sia durata a lungo, ma nessuno dei due disse più una parola e questo in un certo senso fermò il tempo.

Presto mi venne in mente che eravamo senza vestiti e che tornando tutti ci avrebbero visti nudi. Pensai che eravamo stati stupidi a non pensarci prima.

Lei non aveva più la forza di tornare indietro e certo si aspettava che fossi io a decidere. Osservava e sfiorava il mio sesso, rosso del suo sangue, senza dire nulla. Non era più bambina e il suo sguardo somigliava a quello che aveva la mia ragazza rimasta in città, quando mi parlava dei suoi amanti anziani.

Al ritorno nessuno si accorse di noi. Da quel lato la spiaggia era completamente deserta e si vedeva in fondo, un vecchio pescatore di telline che camminava solitario col suo secchiello dalla parte opposta della piccola baia.

Dorri sorrise e sussurrò il mio nome.

“Facile”, aggiunse.

Chissà se aveva capito.

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TRADUZIONI. SHAKESPEARE SONETTO 73

Quello che in me vedi è il tempo dell'anno In cui ingiallite foglie pendono dai rami e cadono rabbrividendo incontro al gelo nude rovine ove già cantavano gli uccelli. Quello che in me vedi è il crepuscolo del giorno Che ad occidente svanisce nella sera e piano piano la notte nera inghiotte ombra di morte in cui tutto si placa. Quello che in me vedi è il brillar del fuoco che tra le ceneri di gioventù giace come sul letto di morte in cui ha fine oggi consunta da ciò che la nutriva un dì. Questo di me tu vedi che l'amore tuo accresce Perché meglio tu possa amare chi lascerai tra poco. That time of year thou mayst in me behold,  When yellow leaves, or none, or few do hang  Upon those boughs which shake against the cold,  Bare ruined choirs, where late the sweet birds sang.  In me thou seest the twilight of such day,  As after sunset fadeth in the west, Which by and by black night doth take away, Death’s second self that seals up all in rest.  In me thou

Aquila di Lord Alfred Tennyson

Con artigli deformi la rupe afferra; Intima del sole su desolata terra ella si leva e l'azzurro mondo la rinserra. A lei s'inchina la superficie increspata; Dai suoi montani spalti ella scruta Ed è come la folgore precipitata. He clasps the crag with crooked hands; Close to the sun in lonely lands, Ringed with the azure world, he stands. The wrinkled sea beneath him crawls; He watches from his mountain walls, And like a thunderbolt he falls. ©trad.Bruno Martellone- Treviso, 3/3/2012

Shakespeare - Sonetto 35 (traduzione)

Per ciò che hai fatto non ti crucciare Le rose hanno spine, fango le fonti Eclissi e nubi coprono la luna e il sole Nella più dolce rosa un verme vive. Sbagliano tutti ma fu mio errore  difendere te frodando me stesso  Ora per scagionarti vado in rovina giustificando una colpa senza scuse. E poiché sono complice del tuo peccato sono ad un tempo tuo contraddittore E tuo avvocato e di me stesso accusatore E tanto in me duellano odio e amore Che contro la mia volontà faccio il palo alla dolce ladra che spietata mi deruba.