Passa ai contenuti principali

Fuori piove

Fuori piove. Comincia una pessima giornata. Fuori piove. Nemmeno occorre che guardo. Lo so, lo sento. Una piovosa mattinata d’inverno e di merda. Credimi, me ne intendo di giornate così. Comunque ti do un’indizio: la macchia. Sì, la macchia di umidità sul soffitto. La vedi come si allarga? Ieri era solo un fastidioso alone sopra la finestra. Ora guarda come cammina lungo la parete e poi là in alto. Un lavoro fatto bene. Tra un po’ arriva alla base del lampadario proprio nel centro della stanza, sopra il letto. Ecco ora capisci anche tu. Comunque stammi a sentire. Fuori piove e non possiamo farci niente. 
Va bene, apri la tapparella. Guarda giù, la vedi la vecchia già in strada? Si quella con la badante che non sa se deve spingere la carrozzella o reggere l’ombrello. Guarda dove vanno: sono le sette di mattina e lei esce per andare al caffè proprio qui sotto. E’ sempre così. Estate, autunno, primavera, finché arriva l’inverno. Resta lì tutta la mattina? Dalle sette a mezzogiorno. Tutti i giorni. Tutte le mattinate di merda che il buon dio scaraventa giù in terra. 
Per me la vecchia è una che è sempre stata vedova. Sì, scommetto che il giorno stesso del matrimonio al marito gli è preso un colpo. Anzi no, il giorno dopo, giusto il giorno dopo la prima notte che chissà poi se è stata davvero la prima, che comunque certamente è stata l’ultima. Un lavoro fatto bene. Un colpo improvviso, così. Forse erano le sette del mattino e pioveva. Comunque in casa lei non ci resta mai dopo le sette. Esce tutte le mattine e si siede sempre allo stesso tavolino al caffè qui sotto. Poi se ne va chissà dove fino all’ora di cena. Andrà al circolo degli anziani, non so. La sera la sento che apre il portone di fronte e così hai un altro indizio: la giornata di merda è finita. 
La badante? Che c’entra la badante, adesso. Lei è lì solo per la carrozzella, forse le cambia il pannolone da qualche parte, non decide mica lei. Lei spinge e sta zitta. Comunque hai ragione: giornata di merda anche per lei. Fosse stato per lei, cambiato il pannolone, sistemata la nonna in tinello, era bello tornare a letto un altro po’. O magari una mattina non dire niente alla vecchia e uscire prestissimo, prendere un treno, il primo che parte… Invece tutte le mattine giù e poi al caffè, seduti sempre allo stesso tavolino, a guardare fuori la gente che passa fino a mezzogiorno.
Peggio di tutti è Ahmed. Sì lui il cameriere del bar di fronte. Lui è lì dalle sei, almeno. E ride. Ride sempre Ahmed, è felice e fa soffiare la macchina del caffé come fosse la caldaia di un treno a vapore. Persone felici che sanno il fatto loro. Ahmed e la vecchia. Una perfetta intesa. Ecco perché lei è lì tutte le mattine alle sette in punto. E’ l’ora delle partenze e loro sanno che treno va preso. Felici anche in questa giornata di merda. 
Ho deciso, io non esco. No, guarda, non esco. Perché dovrei? Ce l’avevo un treno stanotte ma è partito. Chissà adesso sarà lontano. Comunque è partito. Ieri sera lei lo diceva: ma che bella, ma quanto mi piace la tua città. Guardava il tabellone delle partenze e ha detto proprio così, bella città, quanto sei fortunato, quanto sei felice. Oddio fammi capire. Perché lo dovevo prendere anch’io quel treno? Una bella città, perché andarsene? Ilaria si chiama. Sì. Ilare, felice anche lei. Aspetta un bambino, è di tre mesi mi ha detto. Lo tiene, certo. No, non è mio. Non credo. Mah, sai. Lei viaggia molto. Di notte perlopiù. Me l’ha detto giusto prima di partire. 
No, stamattina non esco. Stasera forse, quando fa buio. Col buio anche la vecchia torna a casa. E io invece esco. Chi non ha certezze esce quand’è l’ora sua. E poi qualcuno deve pur sorvegliare le strade di notte, non credi? Magari vado in stazione a vedere gli orari delle partenze. Così, tanto per sapere: non si sa mai. Vienimi a trovare ha detto Ilaria, tra un po’ vado a stare dai miei, un bel posto. Un’altra bella città felice. 
Sì, magari un giorno parto e stasera forse m’informo. Magari non ha importanza dove si va, ma è bene tenersi informati sugli orari delle partenze. Magari una mattina non dico niente a nessuno ed esco anch’io, molto presto, prima che la vecchia sia scesa in strada, tanti saluti caro Ahmed, fa’ fischiare la macchina che parto.
Ok, uscite pure tutti. Io no, oggi no o magari stasera, chissà. Non questa mattina. Non in una giornata di merda come questa.
2/11/2010

Post popolari in questo blog

TRADUZIONI. SHAKESPEARE SONETTO 73

Quello che in me vedi è il tempo dell'anno In cui ingiallite foglie pendono dai rami e cadono rabbrividendo incontro al gelo nude rovine ove già cantavano gli uccelli. Quello che in me vedi è il crepuscolo del giorno Che ad occidente svanisce nella sera e piano piano la notte nera inghiotte ombra di morte in cui tutto si placa. Quello che in me vedi è il brillar del fuoco che tra le ceneri di gioventù giace come sul letto di morte in cui ha fine oggi consunta da ciò che la nutriva un dì. Questo di me tu vedi che l'amore tuo accresce Perché meglio tu possa amare chi lascerai tra poco. That time of year thou mayst in me behold,  When yellow leaves, or none, or few do hang  Upon those boughs which shake against the cold,  Bare ruined choirs, where late the sweet birds sang.  In me thou seest the twilight of such day,  As after sunset fadeth in the west, Which by and by black night doth take away, Death’s second self that seals up all in rest.  In me thou

Aquila di Lord Alfred Tennyson

Con artigli deformi la rupe afferra; Intima del sole su desolata terra ella si leva e l'azzurro mondo la rinserra. A lei s'inchina la superficie increspata; Dai suoi montani spalti ella scruta Ed è come la folgore precipitata. He clasps the crag with crooked hands; Close to the sun in lonely lands, Ringed with the azure world, he stands. The wrinkled sea beneath him crawls; He watches from his mountain walls, And like a thunderbolt he falls. ©trad.Bruno Martellone- Treviso, 3/3/2012

Shakespeare - Sonetto 35 (traduzione)

Per ciò che hai fatto non ti crucciare Le rose hanno spine, fango le fonti Eclissi e nubi coprono la luna e il sole Nella più dolce rosa un verme vive. Sbagliano tutti ma fu mio errore  difendere te frodando me stesso  Ora per scagionarti vado in rovina giustificando una colpa senza scuse. E poiché sono complice del tuo peccato sono ad un tempo tuo contraddittore E tuo avvocato e di me stesso accusatore E tanto in me duellano odio e amore Che contro la mia volontà faccio il palo alla dolce ladra che spietata mi deruba.